Da giovane (ma neanche troppo) socio della Valle del Seveso, porto il mio contributo dal punto di vista di un ex-allievo (SA1 2017/2018, A1 2018) relativamente alla scuola incontrata oggi, con la prospettiva di una scuola per il domani.

 

Partendo dalla presentazione del congresso vengo subito colpito dai primi punti:

 

  • I nostri Soci, i Giovani in particolare acquisiscono un sano “contagio”? 

Entrambi i corsi a cui ho preso parte si sono conclusi con un forte entusiasmo condiviso dalla quasi totalità dei corsisti. 

Il contagio, nella mia esperienza, si manifesta nella prima fase a due livelli:
 

  • richiedendo un sostegno del corpo istruttori anche alla fine del corso;

  • organizzando tra allievi uscite private.
     

Entrambe le modalità sono a mio avviso fisiologiche nella chiusura di un percorso di istruzione.
L’allievo resta galvanizzato dalle esperienze provate e sentite raccontare da altri durante il corso, ma laddove prevale un sano istinto di conservazione, questo non vuole lanciarsi a capofitto verso l’ignoto. Chiede quindi consiglio, invita e cerca di unirsi ad altri con lo scopo di assimilare e vedere ancor di più assieme degli istruttori che hanno creato la sua base di conoscenza per muoversi nell’ambiente in interesse. Oltre a questo, la componente sociale non è da sottovalutare. L’istruttore è tale e “superiore” nel momento dell’insegnamento, ma resta una persona con cui si tessono rapporti di amicizia mutuale che creano, soprattutto nel caso di nuovi allievi, i primi legami forti con la scuola e le singole sezioni.

Le uscite private fanno parte della desatellizzazione del singolo dalla scuola corrispondendo all’interesse originale di questo, ed anche nei casi in cui queste vengono estese a membri ed istruttori, sono funzionali allo sviluppo di un’attività personale che costituirà il percorso di crescita naturale dell’allievo, sicuramente motivo di interesse anche da parte della scuola in virtù dei contributi che questo potrà riportare al suo interno.

 

Resta però un contagio mutilato se non permette all’allievo di crescere insieme alla scuola, proponendo corsi avanzati per permettere uno sviluppo ulteriore, ed aprendo le porte all’ingresso di ex-allievi nelle fila del corpo istruttori per continuare il contagio verso nuovi allievi.


 

  • Li riportiamo alle Sezioni permeati non solo da conoscenze tecniche e capacità performanti ma anche da una chiara consapevolezza di appartenenza associativa e dalla visione di una montagna non solo da consumare come territorio ludico? 


 

Un sentimento di appartenenza associativa non può nascere da una relazione esclusivamente legata all’approvvigionamento nozionistico maturato nei corsi, deve potersi sviluppare anche con il coinvolgimento delle nuove leve all’interno della scuola. Su questo, segnali semplici possono venire dall’estensione agli allievi dell’utilizzo dei canali social della scuola (blog, pagina facebook, …) per riportare pensieri e foto dei corsi, e potenzialmente anche dell’attività personale. Un diario di scuola in cui poter aggiungere vie/gite/percorsi maturati anche tra gruppi ristretti potrà dare modo anche a nuovi allievi di far sentire la propria voce all’interno della scuola. Oltre a creare un’identità di gruppo più diffusa questo permetterà ad altri di venire a conoscenza della scuola e delle attività da essa fornite.

 

La conservazione del patrimonio alpino (ed in senso più ampio, del nostro ecosistema) è un tema che non può essere soltanto insegnato o per cui sia necessaria una lezione di ecologia montana. È sufficiente guardare i ghiacciai ritirarsi di anno in anno, sentire i racconti e vedere le foto di anni passati. Se questo non riesce a colpire a fondo l’allievo allora nulla potrà una lezione frontale. A tale proposito, penso che l’argomento della sostenibilità sia una chiave di lettura delle nostre attività da consegnare agli allievi non soltanto tramite insegnamenti trasmessi durante il corso, ma soprattutto trasmettendo all’atto pratico i comportamenti di responsabilità ambientali da mantenere durante le gite, nella permanenza in rifugi/bivacchi e nell’impatto sulla montagna.

 

  • Siamo ancora in grado di coinvolgerli? 

 

Come anticipato, il coinvolgimento non può essere solamente legato alla fruizione di corsi.
La palestra deve essere valorizzata come luogo aggregativo così come l’utilizzo della biblioteca; nonostante il crescente aumento di fonti online rischia di rendere obsoleta la documentazione cartacea, il confronto con persone presenti nell’ambiente può ancora dare importanti informazioni e consigli, utili nella preparazione di gite e percorsi.

 

Il coinvolgimento deve passare anche attraverso una condivisione delle proprie attività sulle piattaforme social, come il sito della scuola ed il relativo blog, andando anche ad estendere ad allievi l’utilizzo del registro ascensioni, potenzialmente ripensandolo come aggregato del blog per renderne più facile la consultazione.

 

L’ingresso di nuove leve nella scuola deve essere reso accessibile, poichè allo stato attuale risulta impossibile per un allievo poter crescere in questa direzione data la mancanza di corsi avanzati offerti dalla scuola.
Un outsourcing delle risorse umane verso corsi avanzati erogati da altre sezioni rischia di perdere quanti interessati ad una crescita, dando a questi l’impressione che la scuola VdS sia limitante. 

 

  • È ancora valido il nostro modo di accompagnarli per consegnare loro lo “stupore”?

 

Lo stupore non può essere insegnato o schematizzato, ma solo comunicato. La trasmissione di questa sensazione da parte di una scuola può, a mio avviso, avvenire attraverso i corsi e le attività collaterali come la trasmissione dell’esperienza da parte di soci più anziani fermo restando che l’interesse personale dell’allievo deve essere il primo spunto per l’avviamento di questo processo. 

Eccessive burocratizzazioni dei processi che permettono alla scuola di definire le proprie attività rischiano di allontanare da questa allievi giovani ed interessati alla scoperta dell’ambiente montano. Il ritmo di crescita degli interessi nei giovani è in costante aumento, non essere pronti a raccogliere